Nota storica
tratta da: “S. MARIA IMMACOLATA – una Parrocchia, una Storia”; la pubblicazione è disponibile in canonica.
Chi entra nella nostra chiesa parrocchiale e osserva il ciclo degli affreschi che la decorano artisticamente, a mano a mano che si porta con lo sguardo verso l’altare, ha sotto gli occhi lo svolgersi misterioso e magnifico della storia della salvezza, dall’Antico al Nuovo Testamento, dal peccato originale ai Profeti, all’Annunciazione, alla Chiesa (i Padri della Chiesa Occidentale raffigurati ai lati dell’altare maggiore), alla gloria del Cielo.
Il “filo conduttore” di questo cammino è Maria Santissima: l’Immacolata, la Regina concepita senza peccato, la Madre di Cristo, l’Addolorata, la Regina del Cielo, la Regina dei Profeti, la Regina degli Angeli, la Regina degli Apostoli, la Regina di tutti i Santi, la Regina dei Martiri, il Tempio dello Spirito Santo, la Regina assunta in Cielo, la Vergine degna di onore…
Osservando le pitture, constatiamo che veramente la nostra chiesa parrocchiale è nata da un profondo culto mariano, dal Santo Rosario e dalle Litanie alla Madonna, e questo ci spinge ad addentrarci più profondamente e più intensamente nel mistero della Madre di Dio.
Negli stessi anni in cui procedevano i lavori di ricostruzione della chiesa, scrive don Barbazeni che “si poterono eseguire abbellimenti di vario genere: dai rosoni di stucco posti nei cassettoni delle architravi della navata a quelli dipinti nel presbiterio, dai quadri della Via Crucis alle lampade votive degli altari e alle loro statue.
Quasi tutti erano doni offerti dalle famiglie.
Ma la vera decorazione è quella pittorica, resasi necessaria in una chiesa tanto povera di elementi architettonici. E la pittura venne eseguita a tempera all’interno, ad affresco all’esterno, in parte prima del bombardamento (esterno) e in parte dopo il bombardamento (interno).
Le figurazioni sono tutte del prof. Adolfo Mattielli (1883-1966), le decorazioni del suo aiutante Augusto Reginato, ambedue di Soave.
Un cenno particolare meritano le finestre e finte vetrate: sono vere e proprie pitture eseguite su finissima rete metallica e danno un magnifico effetto di vetrate a fuoco. Tali lavori furono possibili con i vari contributi del Governo per i danni di guerra” (Liber Chronicus).
Le pitture che affrescavano la facciata della nostra chiesa raffiguravano la gloria della Beata Vergine Maria. Poi gli affreschi sbiadirono per il passare del tempo, e alla fine si persero completamente a causa della ridipintura muraria.
L’opera di maggior pregio è naturalmente l’affresco dell’Immacolata nel catino absidale della chiesa, che tuttavia non è quello originario, andato distrutto nel bombardamento del ’45.
Vennero altresì rifatte le figure dell’Annunciazione e, poco più in basso, vennero aggiunti i due Angeli, ai lati dell’altare maggiore.
Sul bollettino don Barbazeni pubblicò negli anni ’50 alcune note a proposito degli affreschi che decorano la chiesa. Così scrisse, per esempio, della Natività che si può vedere in alto, sulla volta del tempio:
“Trattandosi di una chiesa dedicata alla Madonna, non si presentava di meglio che la raffigurazione di due misteri. Già esisteva al centro l’Incoronazione della Vergine (quinto mistero glorioso): era perciò conveniente che vi facessero ala il terzo mistero gaudioso e il quinto mistero doloroso, ove Maria Santissima svolge un ruolo di quasi protagonista. Ne è uscito un complesso che piace e soddisfa le esigenze della pietà e il gusto dei dotti.
Aggiungerò a titolo di cronaca che un simile lavoro riguardante la nascita di Gesù fece guadagnare al prof. Mattielli il premio alla Biennale di Venezia nel 1926.
E proprio l’identico quadro dipinto qualche anno fa nel Trentino (non ricordo in quale chiesa) piacque tanto al Sovrintendente alle Belle Arti di Trento che ne volle una riproduzione in cartolina da divulgare nella zona.
Dal punto di vista di una interpretazione mistico-spirituale, vorrei dire che la naturalezza del divino Infante, il materno compiacimento della Vergine, la raccolta contemplazione di Giuseppe, le celesti armonie angeliche, la semplicità dei pastori, la devozione dei Magi, il tranquillo ruminare delle pecore, lo sfondo della grotta e l’azzurro del firmamento sono tutte voci che parlano all’anima del credente e lo dispongono alla più spontanea preghiera con atti di fede, di adorazione e di ringraziamento.
Qualcuno ha osservato che con questo dipinto è inutile fare ogni anno il presepio, avendolo qui in esposizione permanente. La critica non tiene perché anche il Santissimo lo abbiamo sempre nel Tabernacolo e tuttavia per le SS. Quant’ore ci sforziamo di tributarGli un culto più solenne: fate altrettanto col mistero natalizio!” (L’Angelo in famiglia, febbraio 1951).
A proposito del pittore Mattielli, così leggiamo in “La pittura a Verona. Dal primo Ottocento a metà Novecento” di Pierpaolo Brugnoli – Ed. Banca Popolare – Verona, 1986:
“Tra le personalità più autorevoli che hanno rappresentato la pittura nella provincia veronese nella prima metà del Novecento, è da annoverare Adolfo Mattielli, sensibile artista, interprete di quel linguaggio iconico che ha caratterizzato il panorama figurativo appuntato al patrimonio tradizionale della campagna veneta”.
Tra i suoi affreschi vanno ricordati la Crocifissione nella volta absidale della chiesa parrocchiale di S. Lucia, la Gloria della Vergine Assunta e la Gloria di san Lorenzo nella chiesa parrocchiale di Soave.
Nei primi decenni del secolo, il Mattielli fu presente varie volte con le sue opere alla Biennale di Venezia, e molti suoi affreschi si trovano in chiese del Veneto (Vicenza, Lonigo, Asiago, ecc.).
Va precisato che oltre al lavoro di Adolfo Mattielli nella nostra chiesa parrocchiale si ebbero diversi interventi pittorici. Licinio Speri rifece l’immagine della Madonna nella parte superiore della facciata della chiesa, che si era molto deteriorata con gli anni, mentre Giuseppe Resi intervenne sull’affresco absidale (già rifatto da Mattielli dopo il bombardamento del ’45) e realizzò l’immagine dell’Agnello pasquale, simbolo di Gesù Cristo, posta sul soffitto della chiesa all’altezza dell’altare maggiore.
All’inizio degli anni quaranta, il pittore Resi dipinse anche i magnifici affreschi dei quattro Evangelisti nelle lunette sopra le quattro porte al lati dell’altare maggiore (purtroppo a causa dei lavori di sistemazione dell’impianto di riscaldamento, venne distrutta l’immagine di san Luca).
Vennero tolte le scritte in latino che con la ricostruzione erano state poste sotto gli affreschi dei Padri della Chiesa ai lati dell’altare maggiore, e nella parte superiore dell’arco che delimita l’area presbiterale.
Riguardo a Giuseppe Resi (Ronco all’Adige 1904 – Verona 1974) va detto che fu un artista assai fecondo nel campo dell’arte sacra veronese del Novecento. Dopo aver frequentato l’Accademia delle Belle Arti “Cignaroli”, collaborò con il pittore Gaetano Miolato (Verona 1885 – 1960).
A partire dal 1934 iniziò la sua attività autonoma e arricchì di dipinti, soprattutto affreschi, circa settanta chiese sparse nelle diocesi di Verona, Vicenza, Mantova e Rovigo.
I suoi interventi a S.Maria Immacolata vennero sollecitati da Don Guerrino Modena, dopo che questi aveva avuto modo di apprezzare alcune opere di Resi nel mantovano.
Un inno al silenzio
Maria fu la Donna del Silenzio. Dall’umile “fiat”, che Ella Pronuncia all’Angelo che Le porta l’annuncio della divina maternità, alla morte del figlio Gesù, Maria nel Vangelo parla solo poche volte. Se la caratteristica principale della sua vita fu il nascondimento, il suo linguaggio fu il silenzio.
Il silenzio è il linguaggio del sovrumano, il linguaggio del mistero. È il linguaggio di Dio. Maria sapeva “parlare” questo divino linguaggio del silenzio. Con il suo Gesù e con l’umanità tutta. Un silenzio denso, significante, eloquentissimo.
Incontrare Maria significa incontrarla dunque nel silenzio: nella parola che tace e ascolta, nella preghiera del cuore senza parola, nel dialogo del linguaggio divino.
Solo con il silenzio e nel silenzio si arriva a Maria. In ogni forma espressiva, anche nell’arte.
Innalzare un tempio a Lei dedicato significa innalzare un tempio al Silenzio.
Ed è proprio un’armoniosa sinfonia di silenzio e di silenzi il ciclo frescale della nostra chiesa parrocchiale, dedicata a S. Maria lmmacolata. Un ciclo frescale che, grazie anche a delicati toni cromatici, vivi ma non accesi, tenui ma non opachi, luminosi ma non appariscenti, ha saputo sapientemente sposare i moduli architettonici dalla dolce forma arrotondata, per offrire ancor più a chi sosta in preghiera quell’ambiente armonioso e pacato, raccolto e avvolgente, che invita alla meditazione e che conduce la mente e il cuore al Divino.
Centro focale di una felice prospettiva architettonica, punto di convergenza simboleggiante Colei che è “termine fisso d’eterno consiglio” (Dante Alighieri), sta, nel catino absidale, l’effigie dell’Immacolata. Bellissima e luminosa, “di sol vestita, coronata di stelle” (Francesco Petrarca), è celebrata nella purezza della Sua santità, in una simbologia di figure (il serpente, il globo terrestre, ecc.) che evoca il Suo particolare ruolo nella storia della salvezza.
Di fronte a lei, nella parete diametralmente opposta, sopra il portone d’ingresso della chiesa, è raffigurata la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre. Il drammatico inizio biblico di un disegno divino che arriva a Maria si traduce, pittoricamente, nel vivo contrasto tra le masse plastiche gravide di corpo, di terreno e di dolore dei due con l’impalpabilità di quel panneggio della veste dell’Immacolata dall’effetto vibrante di un “senza corpo” che schiude alla visione paradisiaca.
Questo è un effetto caratteristico anche di tutte le altre figure del ciclo frescale, in particolare degli Angeli che, dolci e soavi, sembrano lì apposta per condurci nel cielo del Silenzio.
Anche le effigi degli Evangelisti e dei Dottori della Chiesa Occidentale (san Gregorio Magno, san Girolamo, sant’Ambrogio, sant’Agostino), poste nelle pareti absidali rispettano, sobrie e
ordinate, questo sacro Silenzio. La loro parola, dotta e ispirata, che tanto sapientemente ha detto su Maria, sembra sfociare, o meglio tuffarsi, nell’ineffabile mistero dell’Immacolata Concezione.
Altrettanto solenni e silenziosi stanno i quattro Profeti che hanno annunciato la venuta del Messia: Geremia, Isaia, Ezechiele e Daniele.
Ritti e imponenti s’affacciano, due da un lato, due dall’altro, lungo le fiancate della chiesa, quasi “punti” miliari rappresentanti il confine tra i tempi profetici e i tempi della realizzazione salvifica del Cristo.
Ora Maria entra nella storia.
A partire dalla soave e pacata scena dell’Annunciazione, che sta ai due lati sul limitare esterno dell’arcata che immette nell’abside, via via nella volta del soffitto della chiesa stanno i due momenti più forti della vita di Maria, la nascita di Gesù e la Crocifissione, mentre campeggia al centro la rappresentazione dell’Incoronazione della Vergine.
In particolare la scena della Natività, come aveva ben commentato don Luigi Barbazeni nel passo riportato più sopra, è carica di dolce e tenera commozione, che traspare dalla semplice spontaneità e dalla profonda emozione di quanti adorano il piccolo Gesù: Maria, Giuseppe, i pastori, i Magi e anche le miti pecore che, accovacciate davanti alla capanna, sembrano comprese di partecipare al prodigio della Santa Notte.
Tra esse spicca una pecora dal vello scuro: semplice caso o fine messaggio del pittore frescante? A noi la risposta interpretativa.
Ma quante altre risposte ben più ardue e difficili l’uomo che sosta in preghiera in questo tempio cerca di dare alle sue tante domande esistenziali! L’uomo di ieri e l’uomo d’oggi… così diversi eppure così uguali nella continua ricerca e ansia di Eterno! E quante preghiere, quante lacrime, quanti sorrisi, quanti sospiri hanno raccolto queste pareti!
Li serbano tutti in un solenne e sacro silenzio, per affidarli al Cuore grande, materno e immacolato di Maria, quel Cuore dove il sommo Sole “sua luce ascose”. (Francesco Petrarca)
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